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Note su “Vallalar”

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In risposta al commento-richiesta di un lettore del racconto, sul tema della trasformazione fisica di Vallalar e dei “corpi” dell’uomo.

Per punti:

1) Tamil Nadu

Il Tamil Nadu è terra di Siddha Yogi, terra d’India storicamente consacrata al tema della trasformazione corporea e materiale. A Pondicherry Sri Aurobindo – nato a Calcutta due soli anni prima della Trasfigurazione di Vallalar – e la Madre (1) incentrano su questo il loro insegnamento, la loro azione nel Mondo. La Tradizione pone nei dintorni di Chennai, forse addirittura in quelli di Pondicherry, la dimora del Rishi Agastya e della sua compagna Lopamudra, un altro caso di Avatar duale. Un passo dei Veda chiarisce quale fosse lo scopo di Lopamudra e del suo sposo. La Trasformazione, la scoperta del “Miele Divino” al fondo della nera roccia negli strati più profondi della Manifestazione materiale:

 Lopamudra:

“Ho scavato e scavato, per quanti autunni ho penato giorno e notte, le aurore m’invecchiano, l’età riduce la gloria dei nostri corpi…”

Agastya:

“Vana non è affatto la fatica che gli dei proteggono, oh Lopamudra. Andiamo, assaporiamo tutte le forze che s’oppongono e qui medesimo invero sia la nostra conquista: slanciamoci nella corsa, nella battaglia dalle cento teste.”

 (Rig Veda I,179)

1La Trasfigurazione di Vallalar, un unicum storico considerando le testimonianze dirette, l’immagine di Cuddalore (2) e i verbali della polizia dell’Impero, si inserisce in questo contesto.

L’Albert Dunn della mia narrazione vede il corpo del Santo non gettare alcuna ombra al suolo, i suoi piedi non muovere polvere, la veste effulgere una luce candida come nessuna altra  mai.

Vallalar è paragonabile a una freccia scagliata dall’Impensabile Divino da un futuro che dista da noi secoli o millenni.

Questo dardo cade ai nostri piedi nella terra rossa e screpolata di Mettukkupam e deve essere contemplato.

La Trasformazione, il Corpo di Luce verranno.

2) Dei corpi dell’uomo

La questione dei “corpi” del’uomo è complessa, le “visioni” presentano enormi differenze.

La Vetta più alta resta se stessa, infinite le Vie che vi portano, differenti gli sguardi che la colgono, da diversi angoli e prospettive.

Chi vuole può trovare nella letteratura esoterica enorme varietà di termini e di livelli circa “mondi” della Manifestazione  e “corpi” dell’uomo.

La confusione tra questi livelli del corpo umano  – p.e. l’identificazione tra vitale e psichico o spirituale come nel caso delle fenomenologie “magiche”, così tipica nella percezione dei fenomeni sottili da parte delle donne -  è esiziale. La rappresentazione del mondo spirituale nei confronti dell’universo femminile (il solo tuttavia che può – se guidato – viaggiare nei mondi e “sognare”) sembra curiosamente agire con gli stessi meccanismi con cui la pornografia agisce su quello maschile: ossessione, mancanza di lucidità, furia animale, cecità temporanea.

Il sistema più completo di lettura dei “corpi” dell’uomo e che qui, lontano da ogni semplificazione New Age, ci sarà sufficiente è quello che la Scuola filosofica induista dell’Advaita Vedanta identifica con il termine “Kosha”, le cinque guaine o involucri che costituiscono i tre corpi dell’uomo  – fisico, sottile e causale – e che rivestono l’Atman, l’Essenza immortale fatta di pura Beatitudine. Questi cinque involucri, velando la Verità di Brahman (il Supremo, la radice impersonale e metafisica dell’esistenza, il Principio di ogni realtà) generano la Manifestazione stessa:

  • Annamayakosa, guaina del corpo fisico
  • Pranamayakosa, guaina dell’energia vitale
  • Manomayakosa,  guaina del mondo mentale
  • Vijnanamayakosa, guaina del sovramentale, dell’intuizione dei Principi primi, della Buddhi
  • Anandamayakosa, guaina della Beatitudine.

Il secondo involucro corrisponde al mondo o corpo vitale, il terzo e quarto a quelli mentale e sovramentale, il quinto al corpo causale o spirituale.

Conquistata, attraversata la barriera dell’ultima guaina – che non è il Supremo nell’uomo ma ancora un involucro di Quel Regno Infinito in noi – non resta che il puro Atman, il Sè Divino.

Ora, l’esperienza dei “corpi” dell’uomo è facilmente attingibile in particolari condizioni di coscienza per qualunque Veggente; anche relativamente al livello del Supremo che è in genere colto, per l’impossibilità di essere esperito pienamente e di permanere, con visioni e sentire della qualità e della durata del fulmine.

Altro è la trasformazione della parte grossolana della Manifestazione, la divinizzazione della materia, l’obiettivo di mutare qui e ora il corpo fisico dell’uomo per sostanza e funzionamento, di sostituire “Su questo stesso terreno” (3) l’evoluzione retrogressiva attraverso la crisi e il ciclo della Morte con una evoluzione progressiva e senza fine.

A uno sguardo limpido ed ispirato che contempli il Tempo e le Galassie  non appare questo come il Destino di ogni cosa manifestata, il Senso dello Yoga del Mondo?

Nulla di meno, mai, va invocato e cercato nè il Divino ci permetterà -  fossimo pietra o uomo -  di fare diversamente.

Nello “Jothi Agaval” Vallalar descrive – nei versi che pongo a epigrafe del mio racconto – le trasformazioni che il corpo subisce ricevendo la Luce Suprema.

E’ importante precisare che i “corpi” descritti da Vallalar (The Perfect Body, The Grace Body, The Bliss Body – Il Corpo Perfetto, il Corpo di Grazia, il Corpo di Beatitudine) non hanno nulla a che vedere con la distinzione vedantina.

Egli fu Santo e Poeta più che filosofo, i versi sugli effetti della Luce Suprema sul suo corpo sono pronunciati mentre tutto avveniva.

Si tratta di fasi, fasi di trasformazione culminanti agite su un corpo già sovramentalizzato e dove la prima trasformazione indica un corpo invulnerabile, colmo di ogni Siddhi e costituito dalla Luce Divina (il corpo di Vallalar non imprimeva la lastra fotografica, il candore della sua veste è testimoniato come innaturale), la terza ed ultima un corpo, The Bliss Body, il Corpo di Beatitudine, non più percepibile, onnipresente ed onnicosciente, Uno con il Supremo.

Sotto questo riguardo Vallalar appare frutto e gemma dell’umanità appartenente ad un futuro lontanissimo del Mondo e che l’infinita Misericordia del Supremo ci concede di vedere qui e ora, nel Tamil Nadu della metà del diciannovesimo secolo.

2Nei primi decenni del secolo successivo Sri Aurobindo inizierà a Pondicherry, non lontano da Vadalur, da Mettukuppam e dai luoghi di Rishi Agastya e di Lopamudra, il lavoro dello Yoga integrale, della trasformazione fisica.

Troverà il metodo per fare discendere la Luce di quella che chiamerà Supermind intorno al 1926, convincendosi che avrebbe potuto essere “per questa volta”.

Non riuscirà, ne vi riuscirà l’altra parte di Lui, la Madre, che morirà nel 1973 intenta a un doloroso ed estremo “Yoga delle cellule” dedicato alla trasformazione del corpo fisico.

Per coloro che credono e sanno l’ultima parola su tutto questo deve essere ancora scritta e ci attendono, come sempre, tempi straordinari.

Resta, segno e promessa, una foto di Cartier Bresson del 1950 dove Sri Aurobindo – prima dell’isolamento nella sua stanza un bengali di pelle scurissima – effonde dalla veste e dalla pelle chiara una Luce che si fa di tenue azzurro per chi sappia meditare su di Lei.

3) La Luce e i Sette Veli

Il Tempio di Vadalur non contiene alcuna immagine ma solo una fiamma, che rappresenta il Supremo come “Infinita Luce di Grazia” (Arut Perum Jothi), riflessa e celata per noi nel profondo dell’Atman/Anima.

Nel Tempio la fiamma è nascosta da 7 veli (in sequenza nero, blu, verde, rosso, oro, bianco e iridato), che vengono rimossi solo una volta all’anno.

Il numero 7, sulla cui simbologia rimando il lettore diligente al materiale presente in rete, organizza e  sostanzia ogni percorso di creazione, di compimento, di ascesa (i sette giorni di Dio in Bereshit, i bracci della Menorah, le Epoche Cosmiche di Theon, i Chakras del corpo umano,  i sette veli di Iside, i sette Heikhalot della Merkabah).

La Luce originaria che il Supremo fece discendere per creare l’Universo genera anche la luce materiale, che è l’elemento fondante della Manifestazione sostenendo la vita e il suo germinare (nella fattispecie della luce lunare polarizzata) e che tuttavia non è che un pallido riflesso della prima.

Bianca, questa luce puramente fisica viene scomposta dal  prisma in sette colori.

Allo stesso modo  la Luce Suprema, frangendosi dopo il “Sia!” di Bereshit 1-3, determina i sette livelli ricorrenti nella forma esoterica del Mondo e dichiara che ogni realtà ad ogni livello, grossolano o sottile, ed in ogni dove delle Ere del Tempo, non è che una Sua declinazione.

E’ fondamentale notare che questi sette colori identificati in periodi di banda di Teraherz come contenuti nella luce fisica non corrispondono ai colori dei veli di Vallalar, che iniziano con il nero per terminare nell’iride.

E’ possibile ipotizzare che  i veli dello Swami, dal nero che assorbe tutti i colori dello spettro all’iride che li effonde tutti, portino un valore di “installazione” puramente simbolica per i discepoli: per loro i veli dovevano frapporsi costantemente – vengono dal 1872 rimossi una sola volta all’anno per il Jothi Darshan – alla luce accesa in fondo al Tempio.

Credo interessante terminare queste mie note con il resoconto di un’esperienza vissuta.

Alla Veggente, così benedetta da ricevere la voce di Mirra (in francese e con modalità di scrittura automatica in trance) è stato fornita la sola  data del 30 Gennaio 1874, la data del ritiro di Vallalar nella sua stanza e con ogni probabilità (?) la data stessa della sua Trasfigurazione nella Luce Suprema.

Il testo, dove gli omissis riguardano notazioni personali, è trascritto letteralmente così come ricevuto via mail – inclusa la capitalizzazione e la punteggiatura – e nel caso del messaggio della Madre dopo essere stato tradotto dal francese.

Va notata la traslitterazione incredibilmente corretta dei versi Tamil dallo Jothy Agaval e la sequenza, anch’essa precisa, dei veli colorati:

a) testo ricevuto l’11 Gennaio 2013

 “….omissis …non posso riposare c’è una luce, sto male, nella stanza ci sono sette veli e un  uomo vestito di bianco, pieno di luce, mi dice questo: arivuru anaitthum asantham ayidap pori uru anma tharpotham poyida (4). Anche ieri notte eravamo qui in questa stanza e c’era quest’uomo e Mirra.…omissis… qualcosa è successo qui  lui ha fatto un viaggio oltre,  lui e’ del Supremo. …omissis…  una luce avvolta da veli colorati, blu oro nero verde rosso bianco e un colore strano, misto, come fosse fatto da più colori assieme. Domani trascrivo quello che ha scritto Mirra quando ho detto la tua data. …omissis… aiutami sto molto male, molto, morirò… omissis… ho paura di quest’uomo, mi entra dentro, mi ha, mi travolge, mi vive.”… continua…

b) inizio del testo ricevuto il 12 Gennaio 2013 (parla Mirra Alfassa, la Madre)

“Quest’uomo è Chi vi condurrà. Guardate il suo viso sacro e comprendete la Vetta della vita terrena, Lui conduce le Anime verso l’Immortalità e la Bellezza della Luce Suprema. Il suo insegnamento è la pienezza della vita e della morte, l’elevazione sul corpo terreno. Ascoltatelo e seguitelo, oltre i muri. Io sono oggi a trasmettere al Tribunale Supremo il messaggio con la vostra richiesta: entrare nelle Sale Divine. I vostri occhi devono vedere al di là di questi veli colorati per entrare nella Luce Divina.”…continua…

È tutto.

Arutperum Jothi

Arutperum Jothi

Thani Perum Karunai

Arutperum Jothi

Infinita Luce di Grazia

Infinita Luce di Grazia

Suprema Compassione

Infinita Luce di Grazia

* * *

NOTE

 1 Mirra Alfassa (La Madre, 1878-1973) compagna spirituale di Sri Aurobindo.

2 Fotografia che Vallalar acconsentì a farsi scattare in un laboratorio di Cuddalore e dove la lastra non registrò nulla della sua imagine (testimonianze dell’epoca).

3 Titolo di un libro di Nata, discepolo italiano di Sri Aurobindo, pubblicato nel 1979 e riferito alla trasformazione fisica.

4 Versi da 1449 a 1472 dallo Jothy Agaval, quinto e ultimo Canto: “L’insieme di entità sono diventate forme di beatitudine, la coscienza egoica acuita dai sensi è scomparsa”.

NB: ho preferito per mera eufonia per il termine Tamil “Luce” la traslitterazione Jothy in luogo dell’altrettanto diffusa Jyothi.


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